Cassazione Civile, Sez. Lav.,17 marzo 2025, n. 7033 -

Relatore Dott.ssa Maria Buconi

 

Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione Corte, la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre “dalla percezione della malattia in sé, ma dalla conoscenza o dalla conoscibilità secondo l'ordinaria diligenza, e secondo la diffusione delle conoscenze scientifiche dell'epoca, che la malattia potesse essere stata indotta da contagio da persona sottoposta a vaccinazione” e quindi dalla conoscibilità del nesso causale (Cass. n. 2645/2003, in una fattispecie relativa a danno da vaccinazione).

 

Analogamente, in tema di danno da prestazione professionale, la Corte ha chiarito che la prescrizione decorre “non dal momento in cui la condotta del professionista determina l'evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da chi ha interesse a farlo valere” (Cass. n. 10493/2006); la prescrizione “decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile e non dal momento di un successivo aggravamento che non sia dovuto ad una causa autonoma, dotata di propria efficienza causale” (Cass. n. 19022/2007).

 

Le Sezioni Unite della Corte hanno enunciato il seguente principio di diritto: “ Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, cod. civ., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, ma dal momento in cui viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l'ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche” (Cass. S.U. n. 580/2008).

 

La Corte ha di recente ribadito tali principi, rammentando che il decorso della prescrizione si verifica “nel momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto – o avrebbe dovuto avere, usando l'ordinaria diligenza – sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato” e che la prescrizione non corre se non “dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo percepibile e riconoscibile dal danneggiato” (v. Cass. n. 4913/2024, la quale ha richiamato Cass. n. 1263/2012 e Cass. n. 31919/2022, secondo cui che la decorrenza del termine di prescrizione esige comunque la conoscibilità dell'origine professionale della patologia).

 

La sentenza impugnata ha ritenuto che la perdita di funzionalità del fegato abbia costituito un'evoluzione peggiorativa della “epatite cronica HbsAg positiva” diagnosticata fin dal 18.10.1989 e non già una lesione nuova e autonoma, senza tuttavia verificare la necessaria rapportabilità causale della perdita di funzionalità del fegato alla “epatite cronica HbsAg positiva” con l'uso dell'ordinaria diligenza e tenuto conto delle conoscenze scientifiche dell'epoca.

 

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Bari in diversa composizione anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.