Corte di cassazione civile, sez. lav., ord., 30 gennaio 2024 n. 2782

Presidente Doronzo Adriana; Ricorrente Omissis contro Omissis

1. la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza impugnata ha confermato la pronuncia di prime cure che, nell'ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, aveva ritenuto l'illegittimità del licenziamento disciplinare intimato in data 1° dicembre 2017 a A.A. da T.U.A. (Trasporti Urbani Agrigento) Srl, riconoscendo al dipendente la tutela reintegratoria di cui al comma 4 dell'art. 18 S.d.L. novellato;

2. la Corte - in sintesi - ha innanzitutto respinto l'impugnazione della società statuendo che il comportamento addebitato al lavoratore risultava "tipizzato dalle norme contrattuali e legali applicabili al rapporto di lavoro per cui è causa che allo stesso ricollegano una sanzione meramente conservativa", con la conseguente illegittimità del licenziamento e applicabilità della tutela prevista dal comma 4 dell'art. 18 S.d.L.;

ha poi disatteso il reclamo incidentale del lavoratore - che lamentava la mancata osservanza, in sede di procedimento disciplinare, delle forme previste dall'art. 53 del R.D. n. 148 del 1931 - asserendo che "l'eventuale accoglimento non muterebbe gli effetti sostanziali della decisione";

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso, in via principale, la società con due motivi; ha resistito con controricorso l'intimato, che ha anche formulato ricorso incidentale affidato a tre motivi;

entrambe le parti hanno comunicato memorie;

all'esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di sessanta giorni;

Motivi della decisione

1. i motivi del ricorso principale della società possono essere come di seguito sintetizzati;

con il primo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2119, 2104, 1175 e 1375 c.c., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere ritenuto nel caso di specie integrata la giusta causa di licenziamento;

con il secondo mezzo si denuncia la violazione la violazione e falsa applicazione dell'art. 18, comma 4, S.d.L. e dell'art. 66 del CCNL Autoferrotranvieri, con riguardo agli artt. 1362 e seguenti c.c., nonché degli artt. 41, 42, 44 e 45 del R.D. n. 148/1931 e dell'art. 1, comma 2, della legge n. 270/1988;

secondo la società datrice di lavoro la sentenza della corte palermitana, da un lato, avrebbe errato nel ricondurre la condotta addebitata alle ipotesi di cui all'art. 66 comma 3 lettera c (che punisce con la sanzione conservativa della sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino ad un massimo di quattro giorni il lavoratore che "commetta mancanze da cui siano derivate irregolarità nel servizio o possano derivarne danni non rilevanti alla sicurezza del servizio"), anziché alle fattispecie di cui allo stesso art. 66, comma 4, lettere d) ed l) (che prevedono il licenziamento per i lavoratori colpevoli di "mancanze da cui siano derivate gravi irregolarità nel servizio o gravi danni alle persone o alle cose" o di "mancanze in genere di gravità consimili") e dall'altro avrebbe erroneamente ritenuto che, nel caso di specie, anche applicando l'impianto disciplinare di cui al R.D. 148 del 1931 la condotta de qua andrebbe parimenti ricondotta a fattispecie punite con sanzioni conservative;

2. i motivi del ricorso incidentale del lavoratore possono essere come di seguito sintetizzati;

col primo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 53 del R.D. n. 148 del 1931, in relazione all'art. 1418, comma 1, c.c. e dell'art. 18, commi 1 e 6, della l. n. 300 del 1970; si eccepisce che erroneamente la Corte territoriale ha dichiarato l'assorbimento del reclamo incidentale del A.A., perché l'eventuale accoglimento non avrebbe mutato gli effetti sostanziali della decisione, atteso che, ove il procedimento disciplinare sia stato posto in essere in violazione di norme imperative di legge, come nel caso di specie di radicale omissione da parte della datrice di lavoro della procedura garantista prevista dall'art. 53 R.D. n. 148 del 1931, il licenziamento è da ritenere radicalmente nullo in quanto "riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge" con applicazione della c.d. tutela reintegratoria piena di cui al primo comma dell'art. 18 della L. n. 300 del 1970 in luogo di quella attenuata invece riconosciuta dai giudici del merito;

con il secondo motivo di ricorso incidentale si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della l. n. 300 del 1970 e la nullità della sentenza e del procedimento, lamentando la inutilizzabilità -quale elemento probatorio dei fatti posti a fondamento del provvedimento disciplinare espulsivo- dei presunti accertamenti operati dal datore di lavoro a mezzo di attività investigative affidate a terzi;

col terzo mezzo, in via subordinata rispetto all'accoglimento del secondo motivo, si chiede affermarsi la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c.;

per ragioni di priorità logico giuridica nell'ordine delle questioni può essere esaminato il primo motivo del ricorso incidentale del lavoratore, che prospetta un vizio di nullità radicale della sanzione espulsiva; esso è fondato;

come di recente ribadito dalla Corte: "In tema di sanzioni disciplinari, la violazione del procedimento di cui all'art. 53 del r.d. n. 148 del 1931, all. A, comporta la nullità del provvedimento disciplinare e, in particolare, un'invalidità c.d. <di protezione>, in ragione dell'inderogabilità della citata disposizione e della sua funzione di tutela del lavoratore, al quale spetta la tutela reale e risarcitoria prevista dall'art. 18, commi 1 e 2, della l. n. 300 del 1970" (Cass. n. 6555 del 2023; nello stesso senso v. Cass. lav. n. 17286 del 2015; Cass. n. 13804 del 2017; Cass. n. 12770 del 2019; Cass. n. 32681 del 2021; Cass. n. 6765 del 2023; Cass. n. 9530 del 2023; Cass. n. 15355 del 2023; alle quali tutte si rinvia per ogni ulteriore aspetto, anche ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c.);

l'accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale del lavoratore assorbe gli altri, in quanto l'interesse di chi ricorre è già interamente soddisfatto dalla fondatezza del primo mezzo di gravame, e determina altresì l'inammissibilità del ricorso principale della società, atteso che la riconosciuta nullità del provvedimento espulsivo per il vizio rilevato, con conseguente tutela reintegratoria piena, rende priva di interesse ogni ulteriore indagine sulla sussistenza o meno di una giusta causa di recesso;

pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito.

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In tema di sanzioni disciplinari, la violazione del procedimento di cui all'art. 53 del r.d. n. 148 del 1931, all. A, comporta la nullità del provvedimento disciplinare e, in particolare, un'invalidità c.d. <di protezione>, in ragione dell'inderogabilità della citata disposizione e della sua funzione di tutela del lavoratore, al quale spetta la tutela reale e risarcitoria prevista dall'art. 18, commi 1 e 2, della l. n. 300 del 1970