
Cass., sez. lav., 13 ottobre 2022, n. 29967 - Pres. Mancino - Rel. Buffa - P.M. (Conf.) Visonà - Inps contro A.C.
In tema di trattamenti pensionistici, l’esclusione dal calcolo della pensione dei periodi di retribuzione ridotta non necessari ai fini del perfezionamento dell’anzianità contributiva minima, ai sensi dell’art. 3, comma 8, legge n. 297/1982, è finalizzata ad evitare un depauperamento della prestazione previdenziale causato dallo svolgimento di un’attività lavorativa meno retribuita nell’ultimo quinquennio di lavoro;
ne consegue che il principio di “neutralizzazione” può operare solo all’interno del periodo indicato dalla norma, e non anche in relazione a periodi diversi, restando inapplicabile al montante contributivo minore che non si riferisca al periodo finale del rapporto contributivo previdenziale e sia inoltre relativo a periodi precedenti l’ultimo quinquennio di contribuzione,
Il rimedio, elaborato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, della c.d. “neutralizzazione” dei periodi a retribuzione ridotta - il quale ha la finalità di evitare un decremento della prestazione previdenziale in un assetto legislativo non più attuale e incentrato sulla valorizzazione del maggior livello retributivo tendenzialmente raggiunto negli ultimi anni di lavoro - può trovare applicazione solo nei limiti in cui la pensione sia ancora in tutto o in parte liquidata con il sistema c.d. “retributivo”.
Confermando la decisione di primo grado, la Corte d’Appello condannava l’Inps al pagamento in favore dell’assicurato della pensione di vecchiaia ricalcolato mediante la neutralizzazione della contribuzione versata per il periodo di lavoro svolto all’estero in quanto meno favorevole rispetto alla contribuzione versata dapprima nella Gestione lavoratori dipendenti e in seguito presso la Gestione commercianti.
Il Giudice d’Appello accoglieva la domanda del lavoratore benché il periodo da neutralizzare non ricadesse nell’ultimo quinquennio, ritenendo che detto periodo mai avrebbe potuto andare in danno del lavoratore in applicazione dei principi sanciti dal Giudice costituzionale nelle pronunce Corte cost. n. 307/1989 e Corte cost. n. 428/1992.
Avverso tale decisione l’Inps ricorreva in Cassazione, mentre il lavoratore resisteva con controricorso.
La questione sottoposta al vaglio dei Giudici di legittimità riguarda l’applicazione del meccanismo della c.d. “neutralizzazione” rispetto ad un periodo contributivo derivante da riscatto di lavoro all’estero il cui calcolo avrebbe comportato la liquidazione di un trattamento pensionistico inferiore rispetto a quello derivante dalla sua esclusione a causa del minore importo della retribuzione relativa al suddetto periodo rispetto a quella del periodo precedente.
Al riguardo occorre muovere preliminarmente dall’art. 3, comma 8, legge 29 maggio 1982, n. 297, il quale disponeva che «Per le pensioni liquidate con decorrenza successiva al 30 giugno 1982, la retribuzione annua pensionabile per l’Assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti è costituita dalla quinta parte della somma delle retribuzioni percepite in costanza di rapporto di lavoro, o corrispondenti a periodi riconosciuti figurativamente, ovvero ad eventuale contribuzione volontaria, risultante dalle ultime 260 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione».
La norma è stata oggetto di diverse declaratorie di illegittimità costituzionale che hanno condotto al riconoscimento di un generale principio di neutralizzazione nell’Ordinamento previdenziale secondo il quale la contribuzione versata nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo non può tradursi nella riduzione della misura del trattamento pensionistico, con conseguente immodificabilità in peius dell’importo della prestazione già virtualmente maturata ed esclusione dal computo di detti periodi .
Ciò nondimeno il Giudice costituzionale ha confermato che la neutralizzazione è applicabile soltanto nei limiti dell’ultimo quinquennio come stabilito dall’art. 3, comma 8, legge n. 297/1982, trattandosi di «una scelta eminentemente discrezionale del Legislatore» «volta a contemperare le esigenze di certezza con le ragioni di tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori» (Corte cost. 13 aprile 2017, n. 82, cit.) e a tale orientamento si sono uniformati i Giudici di legittimità con diverse decisioni, confermando l’inapplicabilità di tale regola al montante contributivo minore che non si riferisca al periodo finale del rapporto contributivo previdenziale
Altra questione è invece se l’ultimo quinquennio neutralizzabile debba essere quello coincidente con l’ultimo periodo lavorativo oppure con quello relativo agli ultimi versamenti della Gestione.
Sul punto i Giudici di legittimità ritengono che il principio di unicità del regime assicurativo, pure affermato ad altri fini dalla giurisprudenza (Cass. civ., sez. lav., 13 ottobre 1995, n. 10699; Cass. civ., sez. lav., 9 novembre 1985, n. 5495), non incida sull’operatività della neutralizzazione, dal momento che i presupposti per la maturazione di ciascuna pensione sono quelli propri di ciascuna Gestione di riferimento, con la conseguenza che non è dubitabile che il quinquennio di riferimento sia solo quello relativo agli ultimi versamenti della Gestione.
L’ultima questione decisa dalla Suprema Corte di Cassazione è se la neutralizzazione possa operare anche ove la pensione sia stata liquidata dopo la riforma del 1993, ma il periodo da neutralizzare sia successivo al 1992.
Il problema nasce dal fatto che la riforma di cui all’art. 3, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, in attuazione della delega di cui all’art. 3, legge 23 ottobre 1992, n. 421, ha disciplinato in modo completamente differente la posizione dei titolari di anzianità contributiva al 1° gennaio 1993, stabilendo per i lavoratori con anzianità assicurativa inferiore a 15 anni al 31 dicembre 1992 che la retribuzione annua pensionabile fosse determinata con riferimento ai periodi già indicati dalla legge n. 297/1982 «incrementati dai periodi contributivi che intercorrono tra la predetta data [31 dicembre 1992] e quella immediatamente precedente la decorrenza della pensione», mentre per i lavoratori con anzianità contributiva superiore a 15 anni la retribuzione annua pensionabile era determinata «con riferimento alle ultime 520 settimane di contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione», anziché alle ultime 260 settimane come previsto dalla legge n. 297/1982.
In via transitoria peraltro l’art. 13, del medesimo decreto disponeva che l’importo della pensione fosse calcolato in ragione della somma della quota di pensione corrispondente alle anzianità maturate prima del 1° gennaio 1993, calcolata secondo la disciplina vigente in quel momento, e della quota corrispondente all’importo del trattamento relativo alle anzianità contributive maturate in data successiva e calcolata secondo la disciplina dello stesso decreto n. 503/1992.
Ne consegue che il rimedio della neutralizzazione risulta applicabile unicamente alla retribuzione pensionabile calcolata in base alla media degli ultimi cinque anni ai sensi dell’art. 3, legge n. 297/1982, mentre nella disciplina di cui all’art. 3, D.Lgs. n. 503/1992 il quinquennio finale rileva solo per la determinazione della prima quota di pensione, risultando calcolata la seconda quota in base alla media retributiva dell’ultimo decennio.
Da qui la conclusione secondo la quale il meccanismo della neutralizzazione può operare solo nei limiti in cui la pensione sia ancora in tutto o in parte liquidata con il sistema c.d. “retributivo” (così anche Cass. civ., sez. lav., 2 novembre 2018, n. 28025, cit.; Cass. civ., sez. lav., 2021, n. 790; Cass. civ., sez. lav., 9 novembre 2021, n. 32775)
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Avv Massimiliano MagnanelliAvv Massimiliano Magnanelli
Senior Associate Lawyer presso Studio Legale Magnanelli and PartnersSenior Associate Lawyer presso Studio Legale Magnanelli and Partners
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La esclusione dal calcolo della pensione dei periodi di retribuzione ridotta non necessari ai fini del perfezionamento della anzianità contributiva ,ai sensi della legge n.297/82 ,è finalizzata ad evitare una diminuzione della prestazione previdenziale a causa di una attività lavorativa meno retribuita nell'ultimo quinquennio. Limiti alla applicazione dello istituto alla pensione avente natura retributiva.