
Cass. Civile Ord. Sez. L Num. 30613 Anno 2024
La Corte d'appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari,
confermando il provvedimento del giudice di primo grado,
ha respinto la domanda tesa alla declaratoria di illegittimità del
licenziamento intimato il 12-13.3.2018.
La Corte territoriale, ha, rilevato che la contestazione
disciplinare concerneva la condotta tenuta dal lavoratore,
direttore di un punto vendita in Olbia, nelle giornate del 12 e
13 febbraio 2018 quando, senza avvisare il Responsabile,
aveva ritardato la ripresa del lavoro dopo la pausa pranzo, per
poi allontanarsi, in serata, da Olbia (in volo per Milano) senza
presentarsi al lavoro il giorno successivo invocando,
telefonicamente, sopravvenuti impedimenti legati alla salute
del coniuge e rassicurando, comunque, sulla possibilità di
recarsi al lavoro in caso di necessità, lasciando dunque
intendere di trovarsi in città; sottolineata la specificità e la
tempestività dei fatti contestati (tali da rendere irrilevante
l’esibizione di documentazione da parte dell’azienda durante il
procedimento disciplinare) e individuata esattamente
’infrazione disciplinare addebitata (consistente nella condotta
“truffaldina” tenuta dal lavoratore, del tutto privo di responsabilità
rispetto alle mansioni apicali rivestite in azienda,e non semplicemente
in un’assenza ingiustificata), ha ritenuto la condotta di tale gravità
da giustificare la sanzione espulsiva, condotta punita con sanzione
espulsiva anche dal CCNL applicato (Terziario, distribuzione e servizi)
quale “abuso di fiducia” e “grave violazione degli obblighi” a carico del
dipendente quale “l’osservanza scrupolosa dei doveri di ufficio”.
. Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per
cassazione
In sintesi, parte ricorrente si duole che la sanzione espulsiva irrogata
difetterebbe di proporzionalità e che l'illecito disciplinare accertato
avrebbe dovuto essere punito con sanzione conservativa alla stregua
di un giorno di assenza ingiustificata, come previsto dall’art. 225
CCNL applicato in azienda.
Per il primo aspetto è sufficiente rammentare come,
ancora di recente (Cass. n. 8642 del 2024), è stato ribadito
che il giudizio di proporzionalità della sanzione è devoluto al
giudice di merito (ex pluribus: Cass. n. 8293 del 2012; Cass.
n. 7948 del 2011; Cass. n. 24349 del 2006; Cass. n. 3944 del
2005; Cass. n. 444 del 2003); la valutazione in ordine alla
suddetta proporzionalità - che implica inevitabilmente un
apprezzamento dei fatti storici che hanno dato origine alla
controversia - è ora sindacabile in sede di legittimità soltanto
quando la motivazione della sentenza impugnata sul punto
manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti
nell'essere stata essa articolata su espressioni od argomenti
tra loro inconciliabili, oppure perplessi ovvero manifestamente
ed obiettivamente incomprensibili (in termini v. Cass. n. 14811
del 2020); tale pronuncia ribadisce, poi, che in caso di
contestazione circa la valutazione sulla proporzionalità della
condotta addebitata - che è il frutto di selezione e di
valutazione di una pluralità di elementi - la parte ricorrente,
per ottenere la cassazione della sentenza impugnata, non solo
non può limitarsi ad invocare una diversa combinazione di detti
elementi o un diverso peso specifico di ciascuno di essi, ma
con la nuova formulazione del n. 5 dell'art. 360, c.p.c., deve
denunciare - beninteso, entro i limiti della cd. "doppia
conforme" - l'omesso esame di un fatto avente, ai fini del
giudizio di proporzionalità, valore decisivo, nel senso che
l'elemento trascurato avrebbe condotto ad un diverso esito
della controversia con certezza e non con grado di mera
probabilità (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 20817 del
2016).
In ordine al secondo aspetto, la Corte territoriale ha
sottolineato che l’infrazione disciplinare contestata al
lavoratore non consisteva nell’assenza ingiustificata dal lavoro
bensì nella “natura truffaldina della condotta posta in essere
dell’appellante [lavoratore] al fine di recarsi a Milano per motivi
esclusivamente personali rimasti del tutto ignoti, arricchita da
una pluralità di invenzioni architettate con totale assenza di
responsabilità rispetto alle mansioni ricoperte all’interno
dell’azienda (direttore di punto vendita)”
Ciò posto, la sussunzione della condotta del dipendente in
termini di “abuso di fiducia” e di “grave violazione degli obblighi
dettati dal CCNL ossia dell’osservanza scrupolosa dei doveri
d’ufficio” - secondo la scala valoriale (non vincolante) dettata
dall’art. 25 del CCNL applicato in azienda e sulla base
dell’apprezzamento della gravità della condotta ai sensi
dell’art. 2119 c.c. - appare coerente con l'accertamento della
concreta vicenda come operato dalla Corte territoriale,
venendo in rilievo non la mera assenza dal lavoro, ma un
comportamento del dipendente connotato da un quid pluris
rappresentato da “programmazione anticipata e risalente” nel
tempo, “pervicacia” nel decidere “di non presentarsi al lavoro
il 13 febbraio”, comunicazioni tali far intendere all’azienda di
essere al capezzale della moglie, di essere disponibile a
rientrare in servizio nel pomeriggio del 13, di assentarsi per
ferie solamente il 16 febbraio, in sintesi di “assenza di
qualunque scrupolo per le esigenze aziendali in chi ricopre il
ruolo di direttore del punto vendita”; questo esclude la
riconducibilità della condotta alle norme collettive che
puniscono con sanzione conservativa l’assenza dal lavoro, la
mancata presentazione o l'abbandono ingiustificato del posto
di lavoro" (così Cass. n. 26198 del 2022, in un caso in cui i
giudici del merito avevano dichiarato la legittimità del
licenziamento per giusta causa intimato al dipendente per
indebita fruizione di un permesso sindacale utilizzato per
finalità estranee a quella propria del permesso in oggetto; in
particolare, la Corte di merito aveva ritenuto che lo stesso non
potesse essere sussunto fra le condotte non punibili con il
licenziamento alla stregua del contratto collettivo applicabile
che sanzionava con il licenziamento solo l'assenza
ingiustificata protratta per oltre cinque giorni consecutivi o
ripetuta per cinque volte in un anno nei giorni seguenti alle
festività e alle ferie; ciò in quanto nello specifico non veniva in
rilievo la sola assenza ingiustificata ma una condotta di vero e
proprio abuso del diritto e quindi connotata da maggiore
gravità oggettiva e soggettiva, rispetto a quella considerata
dalla norma collettiva; nello stesso senso, Cass. n. 20979 del
2024).
In conclusione, il ricorso va rigettato