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01/07/2024 | ForoNews | Raffaella Antonia De Rosa AREA LAVORO
Nel caso Pontin, la Corte di giustizia aveva stabilito che gli artt. 10 e 12 della direttiva 92/85/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’art. 16, par. 1 della direttiva 89/391/CEE), devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla normativa di uno Stato membro che prevede un mezzo di ricorso specifico relativo al divieto di licenziamento delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento enunciato al detto art. 10, esercitato secondo le modalità procedurali specifiche di tale ricorso, purché tuttavia esse non siano meno favorevoli di quelle relative a ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non siano strutturate in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti riconosciuti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività); e avevano aggiunto che il termine di decadenza di quindici giorni, istituito dal legislatore lussemburghese, con l’art. L. 337‑1, n. 1, 4° comma, del code du travail, non sembrava idoneo a soddisfare tale condizione, demandando comunque al giudice del rinvio la verificare di tale circostanza (Corte giust. 29 ottobre 2009, causa C-63/08, Foro it., Rep. 2010, voce Unione europea, n. 1974; annotata da M.P. Monaco,
Gli ultimi interventi della Corte di giustizia in relazione al tema della donna lavoratrice, in Dir. relazioni ind., 2010, 281; R. Nunin, Lavoratrice madre licenziata nel periodo protetto: la tutela giurisdizionale deve rispettare il principio di effettività, in Famiglia e dir., 2011, 229; L. Ratti, Licenziamento della lavoratrice in gravidanza: equivalenza ed effettività delle tecniche di tutela nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Mass. giur. lav., 2010, 180).
Con la pronuncia qui riportata (Corte giust., sez. VII, 27 giugno 2024, causa C.284/23; Pres. Biltgen, Rel. Arastey Sahún, Avv. gen. Richard de la Tour (senza concl.), si è affermato che le predette disposizioni ostano a una normativa nazionale (nel caso di specie, quella tedesca) in forza della quale una lavoratrice gestante, che sia venuta a conoscenza della sua gravidanza solo dopo la scadenza del termine previsto per proporre ricorso contro il suo licenziamento, è tenuta, per poter proporre un tale ricorso, a presentare una domanda di ammissione di ricorso tardivo entro un termine di due settimane, allorché le modalità procedurali che accompagnano detta domanda di ammissione, comportando inconvenienti tali da rendere eccessivamente difficile l’attuazione dei diritti che le lavoratrici gestanti traggono dal citato art. 10, non rispettano i requisiti posti dal principio di effettività.
Raffaella Antonia De Rosa da ForoNews 01/07/2024