
La Suprema Corte di Cassazione con Ord. Sez. L Num. 24446/ 2024
ha affermato tre principi di diritto rilevanti in tema di Pubblico impiego
privatizzato:
A)“quando un rapporto di collaborazione autonoma si risolva per
effetto di una manifestazione di volontà del collaboratore di
voler recedere dal rapporto, ovvero cessi per la sua naturale
scadenza, l’azione per l’accertamento della subordinazione e la
riammissione in servizio è esercitabile nei termini di
prescrizione, senza essere assoggettata al regime decadenziale
dell’art. 32, comma 3, l. n. 183/2010, poiché il regime in
questione si applica al solo caso di “recesso del committente” e
non è estensibile alle ipotesi in cui manchi del tutto un atto che
il lavoratore abbia interesse a contestare o confutare”;
B)ai fini della qualificabilità come rapporto di pubblico
impiego di un rapporto di lavoro prestato alle dipendenze di un
ente pubblico non economico, rileva che il dipendente risulti
effettivamente inserito nell’organizzazione pubblicistica ed
adibito ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’ente
pubblico, non rilevando in senso contrario l’assenza di un atto
formale di nomina, che si tratti di un rapporto a termine e
nemmeno che il rapporto sia affetto da nullità per violazione
delle norme imperative sul divieto di nuove assunzioni”;
la Suprema Corte ha altresì, precisato che anche in relazione
ai contratti che intercorrono con le pubbliche amministrazioni,
formalmente qualificati di collaborazione coordinata e continuativa,
la sussistenza dell'elemento della subordinazione nell'ambito di un
contratto di lavoro va correttamente individuata sulla base di una serie
di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali
la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l'inserimento
del lavoratore nell'organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente
e complessivamente
C) “in tema di pubblico impiego contrattualizzato,
nell’ipotesi di contratto di lavoro formalmente autonomo,
del quale sia successivamente accertata la natura subordinata,
la prescrizione dei crediti retributivi decorre in costanza di rapporto,
attesa la mancanza di ogni aspettativa del lavoratore alla stabilità dell’impiego
e la conseguente inconfigurabilità di un “metus” in ordine alla
mancata continuazione del rapporto suscettibile di tutela”;
- si tratta di un principio coerente con quello recentemente
enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.
36197/2023 secondo cui la prescrizione dei crediti retributivi dei
lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato decorre sempre
in costanza di rapporto (dal momento di loro progressiva
insorgenza) o dalla sua cessazione (per quelli originati da essa),
attesa l’inconfigurabilità di un metus.
Avv.Roberta Cimei