
La procedura di accertamento della malattia si divide in due fasi essenziali , la prima è quella della comunicazione e della certificazione della malattia ,la seconda quella del controllo vero e proprio.
Il potere di controllo del datore di lavoro trova la sua fonte nell’art 2086 cc, ove l'imprenditore viene definito come capo della impresa a presidio del regolare funzionamento della medesima e nell’ art 5 dello statuto dei lavoratori, che introduce però dei limiti a tutela del lavoratore della sua dignità e riservatezza.
NB la legge 5 giugno 1990 n.135 art 6 vieta di svolgere indagini per accertare stato di sieropositività nei dipendenti o aspiranti alla assunzione
L'art 5 comma 1 prevede il divieto di controllare le infermità e le idoneità fisiche dei lavoratori, attraverso medici di fiducia
Al comma 2 prevede che il controllo sulle assenze per infermità può essere effettuato solo attraverso i servizi ispettivi INPS i quali sono obbligati al controllo solo su richiesta del datore
Il comma 3 prevede il diritto del datore di controllare la idoneità fisica del lavoratore solo attraverso enti pubblici
La norma impone il divieto per il datore di verificare lo stato di salute o la sua idoneità fisica attraverso medici di fiducia, cioè i medici di fabbrica.
Il lavoratore ha l’obbligo di sottoporsi al controllo e non può rifiutarsi, l’inadempimento del suddetto obbligo è sanzionabile disciplinarmente, a prescindere dalla esistenza della malattia
Secondo una diverso orientamento della dottrina il lavoratore sarebbe destinatario di un meno onere a sottoporsi al la visita di controllo potendo dimostrare diversamente la propria infermità.(Ichino)
La svolta rigoristica si è realizzata con l'introduzione del meccanismo delle fasce orarie di reperibilità, di cui all'articolo 5 comma 9 e seguenti della legge 638 del 1983.
Ciò ha comportato l'obbligo per il lavoratore di permanenza presso il proprio domicilio o presso altro luogo, regolarmente comunicato al datore di lavoro ,nonché di rendersi disponibile alla effettuazione della visita di controllo del medico fiscale.
Nessuna responsabilità può imputarsi al lavoratore che si assenti o si rifiuti di sottoporsi al controllo al di fuori delle fasce orarie , salvo che il datore non dimostri che le attività svolte dal lavoratore durante le assenze mettono a rischio o ritardano la sua guarigione.
La funzione degli controlli non è tanto quella di accertare che il lavoratore rimanga presso la propria abitazione ma di confermare la diagnosi e la relativa prognosi del medico curante , ignorata dal datore ma conosciuta dal medico che effettua la visita.
La giurisprudenza prevalente ha ritenuto giuridicamente persistente l'obbligo di reperibilità anche nel caso in cui il controllo medico sia già stato espletato.
La decadenza dal trattamento economico per assenza alla visita di controllo non colpisce i periodi già coperti da precedenti verifiche mediche, confermative della durata della malattia ; per tale motivo la reiterazione dei controlli oltre il secondo non può ridurre l'entità della prestazione economica.
La eventuale insistenza da parte del datore di lavoro può essere fonte di responsabilità per danni , ove il lavoratore dimostri che da tale condotta ne è derivato un peggioramento delle proprie condizioni di salute.
Il comportamento sanzionato è semplicemente l'assenza o la mancata disponibilità alla visita di controllo durante le fasce di reperibilità .
La norma non dà alcuna rilevanza all'elemento soggettivo della colpa perché il lavoratore è obbligato al rispetto delle fasce orarie e dunque la sua colpa è presupposta.
La inottemperanza agli obblighi di reperibilità o disponibilità comporta la decadenza dal trattamento economico di malattia ,senza che possa avere effetti sananti la conferma della malattia in una successiva visita ambulatoriale e costituisce comportamento rilevante anche ai fini disciplinari.
Con l'articolo 25 del decreto legislativo 151/2015 sono state introdotte delle esenzioni alla reperibilità in alcune ipotesi di malattie croniche.
Sono esclusi dall'obbligo di rispettare le fasce di reperibilità:
- i lavoratori subordinati affetti da patologie gravi che richiedono terapie salvavita come i malati oncologici o affetti da stati patologici connessi ad una situazione di invalidità con riduzione della capacità lavorativa in misura superiore al 67%.
In tali ipotesi il datore di lavoro non potrà richiedere visite di controllo domiciliare ma avrà comunque la possibilità di segnalare all’INPS eventi per i quali ravvisi l'esigenza di effettuare una verifica.
Il legislatore ha escluso la decadenza nel caso in cui il lavoratore si sia allontanato da casa per un giustificato motivo Il quale è stato definito dall'Inps , con numerose circolari , come caratterizzato dall'urgenza e dalla indifferibilità delle ragioni che giustificano l'allontanamento dal domicilio durante le fasce di reperibilità.
L'assenza del lavoratore è giustificata purché documentata:
- nelle ipotesi di sussistenza di un impedimento assoluto o meglio di una causa di forza maggiore
- nelle ipotesi in cui vi sia una situazione che abbia reso imprescindibile ed indifferibile la presenza personale del lavoratore altrove per evitare gravi conseguenze per se o per i componenti del nucleo familiare come nelle ipotesi in cui il lavoratore sia affetto da patologie psichiatriche o con prognosi infausta per le quali il divieto di uscire può determinare dell'ammalato pericolose e gravi reazioni pregiudizievoli.
L'ipotesi classica di assenza del lavoratore è data dalla urgenza e indifferibilità di una visita medica generica o specialistica, concomitante .
In questo caso il lavoratore deve provare l'urgenza della visita concomitante ovvero l'impossibilità di effettuare la stessa al di fuori delle fasce di reperibilità, in quanto coincidenti con l'orario dello studio del medico o in considerazione della distanza fra lo studio e l'abitazione del lavoratore.
Il lavoratore deve provare l'impossibilità di spostare la visita ad altro momento compatibile con il rispetto delle fasce e la indisponibilità del medico a riceverlo al di fuori delle fasce ovvero a visitarlo a domicilio.
La giurisprudenza di merito e di legittimità hanno inizialmente invece preferito adottare un criterio meno rigoroso fondato sulla presenza di ragioni valide e serie.
In seguito la giurisprudenza ha assunto un indirizzo rigoroso e ha ritenuto configurabile il giustificato motivo nell'ipotesi in cui sussista un ragionevole impedimento, ossia un serio e urgente motivo di assenza durante lle fasce, riconducibile ad adempimenti non effettuabili in orari diversi da quelli compresi entro le fasce orarie , esigendo quindi l'assoluta impossibilità di rispettare le medesime. Pertanto è evidente che l'esimente del valido motivo di assenza è lasciata al libero apprezzamento del giudice, una volta assolto l'onere probatorio da parte del lavoratore.
Va precisato che non giustificano l'assenza le eventuali autorizzazioni del proprio medico curante di allontanarsi dal proprio il domicilio durante le fasce orarie, quanto alle modalità con cui deve essere comunicato il giustificato motivo alcuni contratti collettivi prevedono clausole illegittime che obbligano il lavoratore ad avvisare il datore di lavoro dell'assenza, allo stesso modo sono illegittime quelle clausole contrattuali che impongono al lavoratore in presenza di un legittimo impedimento alla visita di controllo di indicare altre fasce orarie di reperibilità o che in difetto di accertamento dell'esistenza della malattia impongano al lavoratore di rientrare al lavoro, in quanto in aggravano la posizione del lavoratore e hanno un contenuto peggiorativo delle disposizioni di legge.
Le due conseguenze principali dell'assenza ingiustificata alla visita di controllo sono la decadenza dal trattamento economico e la eventuale irrogazione di sanzioni disciplinari
L'assenza ingiustificata del lavoratore comporta la decadenza dal trattamento economico del 100% per i primi 10 giorni ,in caso di assenza alla prima visita domiciliare, e del 50%, ove il lavoratore sia risultato assente alla successiva visita fiscale.
Qualora risulti assente ingiustificato alla terza o successiva visita medica di controllo, vi sarà l'interruzione dell'erogazione dell'indennità dal giorno della assenza.
La sanzione della decadenza dal trattamento economico investe tanto l'indennità erogata dall'Inps quanto il trattamento di malattia a carico del datore di lavoro, infatti l'articolo 5 comma 14 della legge 638/83 prevede la decadenza da qualsiasi trattamento economico di malattia ,evidenziando così l'intento dell'applicazione estensiva della norma.
La decadenza opera anche nel caso di mancata reperibilità del lavoratore o di suo rifiuto effettuare la visita e ciò indipendentemente dall'effettiva esistenza della malattia, è irrilevante la conferma della stessa nella successiva visita ambulatoriale.
Per evitare la sanzione della decadenza il lavoratore non si può limitare ad eccepire e provare la presenza in casa ma è necessario che deduca e dimostri di avere osservato una diligenza sufficiente a garantire il contatto col medico e la ricorrenza di circostanze particolari che lo hanno reso impossibile.
La decadenza non si applica in caso di ricovero ospedaliero e non può riguardare periodi già coperti da precedente visite domiciliari di controllo.
Il lavoratore non ha un obbligo al rispetto delle fasce di reperibilità per tutta la durata della prognosi una volta che siano già intervenuti due accertamenti confermativi del medico di controllo anche se la legge non vieta al datore di lavoro di fare effettuare successivi accertamenti in ordine a una stessa malattia per la quale siano intervenuti due controlli confermativi, ma la legge esclude la comminatoria della decadenza dal trattamento di malattia nelle ipotesi in cui il lavoratore nei successivi accertamenti non si sia reso reperibile.
La decadenza dal trattamento economico come detto riguarda sia l'indennità erogata dall'Inps sia l'ipotesi in cui il trattamento di malattia sia per intero carico del datore di lavoro o riguardi un'integrazione contrattualmente prevista; in tali ipotesi siamo comunque fuori dall'ambito di applicazione dell'articolo 7 dello statuto dei lavoratori in quanto la decadenza non ha natura disciplinare.
In particolare si può verificare che il lavoratore giustifichi la sua assenza, giustificazione che sarà valutata dall’ INPS, le cui determinazioni saranno vincolanti per il datore di lavoro per la parte di trattamento di sua competenza ,sul presupposto che l'indennità integrativa di malattia segue le sorti di quella previdenziale.
La decorrenza della sanzione della decadenza dal trattamento economico coincide con l'inizio della malattia.
La sanzione della decadenza non esclude la rilevanza disciplinare dello stesso comportamento, cioè l'assenza alla visita di controllo, in tale ipotesi la sanzione non si potrà prescindere dall'osservanza delle regole procedimentali di cui all'articolo 7 dello statuto dei lavoratori.
Possono avere rilevanza disciplinare sia la mancata o tardiva comunicazione dell'assenza dal luogo comunicato al proprio datore di lavoro sia l'assenza ingiustificata alla visita di controllo, ambedue le ipotesi sostanziano una grave violazione di principi di correttezza e buonafede che devono ispirare il comportamento del lavoratore nell'esecuzione del contratto.
La giurisprudenza ha ritenuto che, in difetto di un'espressa previsione nel contratto collettivo della sanzione disciplinare per assenza ingiustificata, sia sufficiente che lo stesso imponga al dipendente di osservare gli obblighi accessori quali la diligenza, la fedeltà la correttezza e la buona fede, tra i quali rientra quello di comunicazione e di reperibilità durante le fasce orarie.
La giurisprudenza ha infatti affermato che non occorre un chiaro ed analitico catalogo delle infrazioni ma è sufficiente che il contratto collettivo contenga una elencazione schematica e non dettagliata delle cosiddette clausole generali o elastiche, che altro non sono che clausole contenenti previsioni generiche, per poter sanzionare il comportamento del lavoratore in quanto il giudice può sussumere la condotta addebitata al lavoratore nella previsione contrattuale generica ,anche con un'interpretazione analogica e valutare che la condotta contestata sia di gravità omologabile a quella che connota le infrazioni previste nel codice disciplinare.
Un cenno merita la possibilità di contestare l'esito della visita di controllo da parte del lavoratore previsto dal decreto ministeriale numero 206 del 2017 il quale prevede che qualora il dipendente non accetti l'esito della visita fiscale è tenuta ad informare il medico seduta stante quindi ,se il lavoratore vuole contestare il certificato medico dell'Inps deve farlo immediatamente all’esito della visita fiscale. Nel primo giorno utile presso l'ufficio medico legale dell'Inps competente avrà luogo il giudizio definitivo, che verrà deciso dal dirigente medico legale la cui valutazione è sempre sindacabile in giudizio.
È ormai pacifico è confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità che non necessita una proposizione di una querela di falso avverso il certificato del medico legale in quanto la querela di falso ha ad oggetto esclusivamente i fatti che il medico afferma essere avvenuti in sua presenza, come ad esempio aver visitato personalmente il lavoratore. ma non ha anche giudizi relativi alla diagnosi della malattia che sono sempre opinabili.
Il lavoratore può astenersi dal rientrare al lavoro, nelle more del giudizio del coordinatore sanitario; la sua assenza non può essere qualificata come ingiustificata e quindi sanzionata.
Gli accertamenti sanitari in particolare quelli relativi alla prestazione di altra attività lavorativa o ludica durante l'assenza di malattia esulano da divieti previsti dagli articoli 5 e 8 dello statuto dei lavoratori poichè riguardano un fatto esposto alla conoscibilità dei terzi e inerendo ad aspetti professionalmente rilevanti debbano ritenersi leciti.
In particolare si tratta di controlli effettuati dal datore di lavoro, anche attraverso investigatori privati o personale di vigilanza, relativi al comportamento extralavorativo tenuto dal lavoratore in malattia finalizzati o a dimostrare che il lavoratore non era effettivamente malato o comunque inabile al lavoro e dunque l'assenza dal lavoro era da ritenersi ingiustificata o, anche ammessa l'autenticità della malattia, l'attività extralavorativa poteva pregiudicare il recupero delle energie lavorative e ritardare il rientro del lavoratore in azienda.
Nel caso di simulazioni della malattia la condotta è senz'altro è illegittima, il datore di lavoro può contestarne disciplinarmente l'assenza ingiustificata a prescindere dall'aver disposto una visita di controllo fiscale, più discusso il caso dello svolgimento di un'altra attività in pendenza di malattia tenuto conto che non esiste un divieto assoluto di svolgere un'attività per conto proprio o di terzi durante la malattia, e ciò non costituisce di per sé un inadempimento degli obblighi imposti al lavoratore .
Tuttavia va specificato che la condotta extralavorativa è suscettibile di rilevanza disciplinare nei casi in cui il lavoratore viene meno al dovere di non pregiudicare il recupero delle proprie energie lavorative così da facilitare il suo rientro in azienda
L'ipotesi classica è quella relativa allo svolgimento di altre attività lavorativa, anche ludiche , durante il congedo di malattia che incompatibili con la medesima, determinano un aggravamento della stessa malattia o comunque risultano idonea a pregiudicare a ritardare anche potenzialmente la guarigione e il rientro in servizio.
Va precisato che la valutazione in ordine alla compromissione o all'aggravamento o alla ritardata guarigione dello stato di malattia va fatta con una valutazione ex ante cioè tenendo conto quando il comportamento si è tenuto e non ex post ,poiché è del tutto irrilevante che il lavoratore abbia poi successivamente, al termine della malattia ripreso servizio, si tratta cioè di un illecito di pericolo e non di danno.
Una recente sentenza dell Corte di Cassazione n 3515/24 ha affermato che durante il periodo di sospensione del rapporto, determinato dalla malattia, permangono in capo al lavoratore tutti gli obblighi non inerenti allo svolgimento del lavoro ,come gli obblighi di dirigenza e fedeltà correttezza e buona fede, queste obbligazioni riverberano sulla condotta non lavorativa e sono finalizzate a salvaguardare l'interesse creditorio del datore di lavoro all'effettiva esecuzione della prestazione lavorativa
L'articolo 2110 c.c. riversa entro certi limiti sul datore di lavoro il rischio della temporanea impossibilità lavorativa ,dovuta a infermità ma ciò deve essere armonizzato con i principi di correttezza e buona fede che devono presiedere all'esecuzione del contratto da parte del lavoratore
in tale prospettiva assume peculiare rilievo la violazione del dovere di osservare tutte le cautele , anche terapeutiche di riposo prescritte dal medico, atte a non pregiudicare il recupero delle energie lavorative, temporaneamente minate dell'infermità, affinché vengano ristabilite le condizioni di salute idonee per adempiere la prestazione
La valutazione della incidenza sulla guarigione della altre attività esercitate dal lavoratore è costituita da un giudizio ex ante riferito al modo in cui il comportamento contestato si è atteggiato ed ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio , cioè le conseguenze ai fini della tempestiva ripresa del lavoro
l'onere della prova che la malattia del dipendente è simulata ovvero che l' attività posta in essere dallo stesso sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio incombe sul datore di lavoro il quale può avvalersi di ogni mezzo di prova utilizzabile in giudizio, anche sollecitando il giudice ,come spesso accade, ad esperire una CTU, ovvero ad attivare i poteri officiosi ,ex articolo 421 CC, al fine di valutare le modalità i tempi e i luoghi della diversa attività svolta dal dipendente
la Corte di Cassazione precisa ancora che la il certificato redatto da un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale per il controllo della sussistenza della malattia del lavoratore è un atto pubblico che fa fede fino a querela di falso esclusivamente della provenienza del documento dal pubblico ufficiale e dei fatti che lo stesso pubblico ufficiale attesta aver compiuto può essere avvenuto in sua presenza tale fede privilegiata non si estende però ai giudizi valutativi che il sanitario ha, in occasione del controllo, espresso in ordine a uno stato di malattia, tali giudizi pure dotati di un elevato grado di attendibilità in ragione della funzione e professionalità del pubblico ufficiale consentono al giudice di considerare anche elementi probatori di segno contrario acquisiti al processo
In ultimo va ricordato un un provvedimento del Garante della privacy ,in materia di certificati di malattia e riservatezza anche per dati indiretti sulla salute, che ha specificato come le certificazioni che attestino la presenza in ospedale per giustificare un'assenza del lavoro non devono neanche riportare l'indicazione della struttura presso la quale è stata erogata la prestazione sanitaria ,il timbro con la specializzazione del medico o informazioni che possano far risalire allo stato di salute
Il garante della privacy con questo provvedimento numero 581/ 24 ha sanzionato una azienda sanitaria locale per 17.000 €.
La vicenda trae origine dal reclamo di un paziente che aveva chiesto alla struttura sanitaria un certificato medico per assenza dea lavoro, il certificato che era stato rilasciato riportava l'indicazione del reparto che aveva erogato la prestazione sanitaria, violando gli obblighi in materia di sicurezza e il principio di minimizzazione dei dati personali
La sorveglianza sanitaria è disciplinata dal decreto legislativo 81/ 2008 che però è stata oggetto di modifiche per effetto della legge numero 85/ 2023
Il decreto legislativo 81 del 2008 all'articolo 25 elenca gli obblighi e le responsabilità del medico del lavoro nell'espletamento della sua attività di sorveglianza sanitaria i quali consistono brevemente :
nell'aggiornare custodire la cartella sanitaria di rischio, effettuare sopralluoghi con periodicità annuale o diversa in relazione al rischio ,aggiornare il protocollo sanitario, effettuare le visite mediche del lavoro, informare i lavoratori sul significato degli accertamenti cui sono stati sottoposti, effettuare la visita preventiva preassuntiva, rilasciare la idoneità allo svolgimento delle mansioni .
Iil medico competente ogni anno comunica al datore di lavoro i risultati anonimi della sorveglianza sanitaria dei lavoratori, redige una relazione sanitaria annuale ; il lavoratore interessato può chiedere copia nella cartella sanitaria ,come anche il proprio medico di medicina generale.
La visita medica preventiva è intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica , la visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori e esprimere il giudizio di idoneità alla mansione, la periodicità è generalmente annuale ma può assumere una cadenza diversa in relazione alla valutazione del rischio, la visita medica può avvenire anche su richiesta del lavoratore qualora sia ritenuto da parte del medico competente in relazione ai rischi professionali e alle condizioni di salute del lavoratore suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta, al fine sempre di esprimere il giudizio idoneità sulla mansione ,la visita medica viene effettuata anche in occasione del cambio della mansione o onde verificare l'idoneità alla mansione specifica.
L’ Art 6 del decreto legislativo numero 81/08 prevede che la sorveglianza è obbligatoria in presenza di rischi tassativamente previsti dalla legge connessi alle seguenti attività :
la movimentazione manuale dei carichi, i videoterminalisti, il rischio degli agenti fisici, il rischio rumore, rischio vibrazioni, rischio campi elettromagnetici, il rischio radiazioni ottiche, rischio il rischio agenti chimici o cancerogeni, il rischi amianto, il rischio agenti biologici
il medico competente sulla base delle risultanze delle visite mediche esprime un giudizio di idoneità o di idoneità parziale, temporanea o permanente ,con prescrizioni e limitazioni o di inidoneità temporanea o permanente.
Nel caso di inidoneità temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità di tali giudizio il medico competente informa per iscritto il datore e il lavoratore che ha uno specifico obbligo di collaborare con il medico competente fornendogli tutte le informazioni richieste e l'obbligo di sottoporsi alle visite secondo le modalità e le periodicità che gli vengono comunicate.
Il lavoratore ha diritto comunque di fare ricorso contro il giudizio del medico e essere sottoposti a visita straordinarie qualora ritenga di avere problemi sanitari derivanti dall'attività svolta;,il ricorso avverso il giudizio sulla mansione specifica è ammesso entro 30 giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo all'organo di vigilanza competente che dispone anche eventuali accertamenti e successivamente lo conferma lo modifica o lo revoca.
Va ricordato che l'articolo 5 dello statuto dei lavoratori sancisce il divieto di accertamenti sanitari sui lavoratori da parte del datore di lavoro il quale deve rivolgersi al medico pubblico e non al medico di fabbrica, i soli casi esclusi dal divieto di cui all'articolo 5 dello statuto dei lavoratori sono i casi sanciti dall'articolo 41 d.lgs. 81/ 08 da intendersi come una deroga del tutto eccezionale al divieto di visita di cui all'articolo 5 dello statuto dei lavoratori
La ratio del divieto è quella di tutelare la dignità e la libertà del lavoratore in modo da impedire che gli imprenditori possano ricorrere ad accertamenti sanitari diretti per mezzo di medici di loro fiducia per soddisfare in interessi estranei alla verifica dell'idoneità fisica dei lavoratori con conseguente offesa appunto della alla dignità e libertà di costoro
La sorveglianza sanitaria, dopo l'entrata in vigore della legge 85 del 2023 ha subito delle profonde innovazioni, la riforma comporta un cambio di approccio quanto alla valutazione dei risc,i impattando profondamente il sistema del decreto 81/ 2008 una nuova prospettiva degli accertamenti sanitari sui lavoratori ,superando il divieto di cui all'articolo 5 dello statuto dei lavoratori.
I contenuti della nuova norma si possono riassumere nei punti che seguono: si ampliano i casi nei quali vige l'obbligo di nomina del medico competente per il datore di lavoro il quale vi deve provvedere nei casi previsti dal decreto legislativo 81/08 ma anche qualora richiesto dalla valutazione dei rischi di cui all'articolo 28, oggetto principale della modifica normativa, e dunque si concreta un allargamento dell'ambito di applicazione della sorveglianza sanitaria non più soltanto nei casi in cui la legge lo prevede espressamente ma anche in relazione a tutti i rischi che la valutazione accerta come presenti nei luoghi di lavoro e per i quali la tutela dei lavoratori esposti richiede una sorveglianza sanitaria
il legislatore allarga la sorveglianza sanitaria e quindi la tutela dei lavoratori ma non aggiunge nuovi casi previsti dalla legge, secondo la previgente impostazione ma collega la sorveglianza sanitaria alla valutazione dei rischi
La riforma prevede che il medico competente già nominato presso le organizzazioni deve effettuare la sorveglianza sanitaria non solo per i rischi normati ma anche per i rischi emersi in sede di valutazione
La scelta del legislatore pone fine alla distinzione tra rischi normati e rischi non normati E pertanto non potranno esservi più dubbi di sorta sulla liceità della sorveglianza sanitaria sui rischi non elencati dal legislatori e quindi sulla liceità della condotta del datore di lavoro e del medico competente che la effettuano nonché sulle eventuali responsabilità omissiva se non la effettuano
Il risultato di tale riforma è che abbiamo una distinzione tra rischi nominati e rischi valutati i primi sono quelli previsti dal legislatore i secondi sono quelli che emergono chiaramente dalla valutazione dei rischi
Una volta individuati i rischi non nominati occorrerà valutarli nella prospettiva della sorveglianza sanitaria
Nelle organizzazioni in cui il medico competente non è stato nominato ,cioè quelli in cui non sono stati individuati i rischi normati per i quali è prevista una sorveglianza sanitaria obbligatoria, vale naturalmente altrettanto il principio introdotto dalla riforma dell'estensione ai rischi non normati .
in sostanza sorgono due obblighi: un primo obbligo consistente nel valutare tutti i rischi in una prospettiva nuova e cioè per cercare se vi siano rischi, pur non nominati, che richiedono sorveglianza sanitaria e un secondo obbligo, in caso di esito positivo, della nomina del medico competente per effettuare la sorveglianza sanitaria
Ora la anomalia della norma sussiste nel fatto che questa impone di nominare un medico competente perché vi è la necessità di valutare i rischi nella prospettiva della necessità di un controllo sanitario, però la stessa norma richiede che questa valutazione venga eseguita da un'organizzazione cioè da un datore di lavoro, al momento privo di un soggetto avente proprio quelle conoscenze necessarie per farlo che è il medico competente.
Per risolvere questo problema occorre far riferimento alla giurisprudenza la quale ha qualificato la figura del medico come collaboratore del datore di lavoro e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale sottolineando che il datore di lavoro deve essere necessariamente coadiuvato da soggetti, come il medico competente, portatore di specifiche conoscenze professionali in grado di sottoporre al datore di di lavoro dei rilievi e delle proposte in materia di valutazione dei rischi che coinvolgono le sue competenze in materia sanitaria.
il medico competente assume elementi per la valutazione dei rischi non solo dalle informazioni fornite dal datore di lavoro ma anche da quelle che può che deve direttamente acquisire di sua iniziativa, emerge quindi la necessità di un collaboratore qualificato per la valutazione dei rischi
Dal punto di vista operativo probabilmente si affermerà una prassi che comporta una sorta di valutazione in due fasi, una prima fase con il supporto tecnico al datore di lavoro da parte di un medico in possesso dei requisiti propri del medico competente e poi la seconda fase che sarebbe necessaria soltanto nel caso in cui risultasse necessario nominare un medico competente che una volta in carica svolgerebbe il compito di valutazione dei rischi
In sintesi l'organizzazione valuta il rischio come esistente e se ritiene che tale rischio richieda una sorveglianza sanitaria non occorre più il permesso tra virgolette delle legislatore per effettuare la sorveglianza ,la sorveglianza sanitaria sulla persona del lavoratore è lecita ma è addirittura doverosa e la sua omissione non è osservanza di un divieto bensì al contrario violazione di un obbligo con un'inevitabile innalzamento del livello di tutela dei lavoratori, si supera così il paradosso della posizione restrittiva che vietava la sorveglianza sanitaria dei rischi non normati e che di fatto privava i lavoratori della tutela che per i rischi non normati il sistema aziendale poteva e voleva garantire.
La tesi restrittiva considerava la visita fatta dal medico competente come la eccezione rispetto alla regola dell'articolo 5 , in pratica e la regola era il divieto di visita a tutela della dignità del lavoratore ,l'eccezione era la visita del medico competente giustificata dalla tutela della salute del lavoratore ma trattandosi di eccezione solo il legislatore la poteva prevedere
L'effetto che si produceva era quello di ingenerare una contrapposizione tra la salute e la dignità del lavoratore dove per tutelare la seconda vietando le visite da parte del medico competente si pregiudicava la prima privando e lavoratore della tutela garantita da una sorveglianza sanitaria effettuata su tutti i rischi presenti
Ora con l'intervenuta riforma è definitivamente sancito che la sorveglianza sanitaria è la regola e non l'eccezione essa si applica a tutti i rischi valutati e non solo ai casi singoli elencati dal legislatore il quale non è l'unica entità che decide ciò che è necessario per la tutela della salute del lavoratore
Il profilo più interessante della riforma dovrebbe essere individuato in una maggiore crescita della tutela dei lavoratori garantendo una sorveglianza in continuo divenire tempestivamente aggiornata differentemente dal precedente sistema ori una lista normativa bloccata ne impediva la sua evoluzione e richiedeva di integrare di volta in volta la previsione con specifiche norme di legge
la riforma in conclusione non compromette nei indebolisce il ruolo dell'articolo 5 dello statuto dei lavoratori a presidio della libertà e dignità dei medesimi semmai al contrario ne diventa garanzia di effettiva attuazione attraverso la valorizzazione definitiva della sorveglianza sanitaria come completamento della valutazione dei rischi e come strumento di ogni singola organizzazione per la tutela sanitaria dei propri lavoratori.
In merito al rifiuto di sottoporsi alla visita medica prevista dall'articolo 41 del testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro è utile citare una sentenza della Corte di Cassazione numero 26199/ 2022 ove la sezione lavoro si è occupata di valutare la legittimità del licenziamento del dipendente. per tale motivo .
il caso si riferisce ad una lavoratrice che è stata licenziata per giusta causa in conseguenza del suo rifiuto di sottoporsi alla visita medica prevista in occasione del cambio della mansione onde verificare l'idoneità alla mansione specifica per ben due volte consecutive ora i giudici di merito hanno qualificato questo duplice rifiuto come una grave insubordinazione sanzionabile con il licenziamento senza preavviso ,rientrando tra i doveri del dipendente quello di sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal legislatore e disposti dal medico competente .
il comportamento del dipendente è stato quindi valutato come gravemente lesivo dei suoi doveri tenuto conto che la visita medica nell'ambito della sorveglianza sanitaria viene effettuata per obbligo di legge e a tutela della salute dei lavoratori inoltre l'esito della visita anche nel caso in cui venga espresso un giudizio di non idoneità alla mansione non pregiudicherebbe possibili difese del e lavoratore sia in ordine al cambiamento di mansioni sia in prospettiva di un'eventuale licenziamento
questa sentenza aiuta a comprendere quanto sia importante l'attività di prevenzione che obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure necessarie al fine di ottemperare all'obbligo imposto dall'articolo 2087 codice civile sulla tutela delle condizioni di lavoro che impone all'imprenditore e adottare le misure che sono necessarie a tutelare l'integrità fisica la personalità morale dei prestatori di lavoro
A tale norma sono contrapposti ai sensi dell'articolo 20 del testo unico sulla sicurezza sul lavoro gli obblighi del lavoratore a cui compete di prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro su cui ricadono gli effetti delle sue azioni ed omission
In particolare all'articolo 20 comma due lettera i) vi è l'obbligo di sottoporsi ai controlli sanitari previsti dallo stesso decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente ne consegue che nella citata sentenza è stato confermato il licenziamento per giusta causa
Pertanto si può affermare con sicurezza che il rifiuto del lavoratore di sottoporsi al controllo sanitario comporta delle gravi conseguenze sotto il profilo disciplinare che poi andranno valutate caso per caso dal giudice.
Avv Massimiliano Magnanelli