Cass. Civile Ord. Sez. L Num. 26208/ 2024
Diritto alla conservazione del posto sottoposizione del lavoratore a misura
cautelare custodiale penale -sopravvenuta temporanea impossibilità della
prestazione -conseguenze
La Corte di Cassazione ha statuito che la sottoposizione
del lavoratore a carcerazione preventiva (anche per fatti estranei
al rapporto di lavoro) non costituisce inadempimento degli obblighi
contrattuali, ma consente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo
ove, in base ad un giudizio ex ante, tenuto conto di ogni
circostanza rilevante ai fini della determinazione della
tollerabilità dell'assenza (tra cui le dimensioni dell'impresa, il
tipo di organizzazione tecnico-produttiva, le mansioni del
dipendente, il già maturato periodo di sua assenza, la
ragionevolmente prevedibile ulteriore durata
dell'impedimento, la possibilità di affidare temporaneamente
ad altri le mansioni senza necessità di nuove assunzioni), non
persista l'interesse del datore di lavoro a ricevere le ulteriori
prestazioni del dipendente, senza che sia configurabile,
inoltre, a carico del datore di lavoro, l'obbligo del cd.
repêchage;
in questo senso, l'art. 34 CCNL Elettrici codifica una
situazione di fatto oggetto di bilanciamento degli interessi
contrapposti delle parti, ovvero la preventiva e generale
rappresentazione ai lavoratori che l’assenza prolungata per
più di dodici mesi, ancorché non imputabile, determina, di
regola, il venire meno dell'interesse datoriale all’eventuale e
futura prestazione residua, decorso, cioè, un congruo periodo
di diritto alla conservazione del posto;
la riconduzione della fattispecie alla categoria generale
dell’impossibilità sopravvenuta dell'obbligazione di cui agli
artt. 1463 e 1464 c.c. significa che la specifica fattispecie
come regolata dal CCNL applicato al rapporto configura il
recesso come determinato dalla mancanza di un interesse
apprezzabile all'adempimento parziale della prestazione,
rimanendo la persistenza o meno di un interesse rilevante a
ricevere le possibili prestazioni, in ipotesi di assenza dal lavoro
per carcerazione preventiva o altra misura cautelare, da
parametrare alla stregua di criteri oggettivi, riconducibili a
quelli fissati nell'ultima parte dell'art. 3 della legge n.
604/1966, e cioè con riferimento alle oggettive esigenze
dell'impresa, da svolgere, però, con una valutazione ex ante,
e non già ex post, in cui si tenga conto delle dimensioni
dell'impresa, del tipo di organizzazione tecnico-produttiva,
della natura ed importanza delle mansioni del dipendente, del
già maturato periodo di sua assenza, della ragionevole
prevedibilità di ulteriore durata dell'impossibilità, della
possibilità di affidare temporaneamente ad altri le mansioni
senza necessità di nuove assunzioni e, più in generale, di ogni
altra circostanza rilevante ai fini della determinazione della
tollerabilità dell'assenza (così Cass. n. 6714/2021,;
cfr. anche Cass n. 19135/ 2016, n. 12721/2009,n. 6803/2003);
la formazione di giudicato penale sugli addebiti disciplinari
è estranea ai motivi del recesso in esame, intimato in base
ad una clausola contrattuale collettiva legittima e riferita a circostanze
oggettive (prolungata assenza, anche per causa non imputabile al lavoratore,
assenza di interesse del datore alle prestazioni residue in base
ad accertamento in fatto con valutazione ex ante) svincolate
dall’esito del giudizio penale;
la procedura di recesso per impossibilità prolungata della
prestazione lavorativa nei termini fissati dalla contrattazione
collettiva e quella disciplinare possano essere percorse parallelamente
l’impedimento prolungato alla prestazione lavorativa è alternativo al
licenziamento disciplinare, perché gli istituti rispondono a
logiche e presupposti diversi, ma non in termini di preclusione
di una procedura rispetto all’altra o tali da assegnare alla
procedura disciplinare un significato di sterilizzazione della
procedura di recesso per impedimento della prestazione lavorativa
Avv MM